Come già approfondito negli articoli del 9 e 11 gennaio 2018 (Cosa devo fare in caso di costi superiori a quanto preventivato? – Che cos’è il c.d. “accordo bonario” nei lavori pubblici?), l’appaltatore ha l’onere di formulare e formalizzare le proprie richieste economiche secondo modalità e sequenze temporali ben delineate, pena la decadenza dal proprio diritto.
La rigida perimetrazione ed esplicitazione delle doglianze mosse al committente è in funzione della necessaria e tempestiva conoscenza, in capo all’Amministrazione, sia delle pretese in quanto tali, sia dei motivi alla base delle stesse, onde consentire a quest’ultima di attivarsi nei modi previsti dalla legge.
La sottoscrizione con “riserva” dei documenti contabili rileva dunque sotto un duplice profilo: ai fini della non accettazione dei contenuti sottoposti all’attenzione dell’impresa, nonché quale indicazione e specificazione dell’aumento del prezzo richiesto per l’appalto in esecuzione.
L’appaltatore, man mano che progrediscono le lavorazioni, è quindi onerato a proporre le proprie domande in occasione della firma (da specificarsi “con riserva”) del primo documento utile a riceverle (e comunque in sede registro di contabilità), esplicitando puntualmente le pretese, come noto, nei 15 giorni successivi.
Tale meccanismo trova una deroga con riferimento alla sottoscrizione del conto finale, in relazione al quale non è possibile rimandare ad un momento successivo l’esplicazione delle riserve, pena la presunzione di rinuncia a tutte le domande già formulate nel corso dell’esecuzione dei lavori, con conseguente decadenza definitiva dal diritto di poter richiedere quanto .
La contabilità dell’appalto, infatti, normalmente modificabile e graduabile nei vari SAL, va a cristallizzarsi al momento del conto finale.
In occasione del conto finale, l’appaltatore è dunque obbligato a confermare tutte le riserve non definite in corso di esecuzione delle opere, mediante la loro riproposizione (anche sintetica), di modo da far emergere la manifesta volontà di mantenerle in essere.
Sul punto, la più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, introducendo un elemento di novità rispetto a precedenti pronunce sul punto, ha precisato che: “l’appaltatore che, benché abbia iscritto tempestiva riserva, non abbia reiterato le richieste che ad essa si riferiscano in sede di liquidazione del conto finale, così omettendo ogni contestazione, decade dalle relative domande, atteso che siffatta omissione è incompatibile con l’intenzione di persistere nella pretesa avanzata in precedenza, derivando dalla mancata conferma una presunzione relativa di accettazione del conto finale, superabile soltanto con la prova della positiva volontà dell’appaltatore di non accettarlo” (Cass. Civ. Sez. I, 27 giugno 2017, n. 15937) .
L’arresto sopra citato sembra ipotizzare la discutibile possibilità di contestazione del conto finale in maniera fluida ed “aperta”, secondo un’indagine da esperirsi caso per caso, in contrapposizione all’ordinario e tipizzato strumento di censura, rappresentato dalla integrale riproposizione delle riserve.
La procedura di apposizione delle riserve in determinati ristretti ambiti (e secondo una stringente tempistica), può costituire materia ostica per i più. Data l’importanza economica e la delicatezza di tale fase dell’appalto, occorre affidarsi a professionisti qualificati, che sappiano rendere effettive le richieste dell’impresa. In quest’ottica, lo Studio Legale Tristano dispone di risorse interne e di tecnici qualificati per la gestione dei SAL, delle riserve e degli eventuali contenziosi.