Come abbiamo già approfondito nel precedente articolo: “Concessione di servizi e anomalia” , la giurisprudenza non ha ancora assunto una posizione univoca in merito all’applicabilità della normativa del codice dei contratti pubblici alle procedure di affidamento delle concessioni pubbliche.
Da un lato, è stato ritenuto che l’applicabilità dell’art. 97 del Codice dei contratti dovesse essere puntuale (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. II-ter, 19 dicembre 2017, n. 12507, secondo cui la verifica dell’anomalia delle offerte, che rientra nell’ambito di dette procedure, costituisce un adempimento applicabile anche alle concessioni di servizi, nonché Cons. Stato, sez. III, 17 aprile 2018, n. 2317, secondo cui una volta ritenuta (…) la compatibilità complessiva del procedimento di valutazione dell’anomalia dell’offerta con l’istituto concessorio, sebbene sulla scorta della rilevazione in concreto di elementi di incongruità, non si vede la ragione per la quale essa non sussisterebbe con riferimento agli indici tipizzati di anomalia previsti dal legislatore”).
Dall’altro, è stato stabilito che non esistono, nel caso della concessione di servizi, parametri legislativi per individuare i casi in cui il concedente sia obbligato a svolgere la verifica sull’anomalia dell’offerta proposta in gara. Tale obbligo può essere predicato solo in base ai principi generali dell’azione amministrativa e, in particolare, a quello di ragionevolezza: il concedente è obbligato a svolgere la verifica di anomalia sulle offerte in gara laddove un criterio di ragionevolezza evidenzi la manifesta inaffidabilità dell’offerta proposta.
Nel solco di questa dicotomia, la sentenza del Tar Puglia n. 52 del 20 gennaio 2020, nell’esaminare una procedura di gara avente ad oggetto “l’affidamento del servizio di ristoro mediante n. 60 (sessanta) distributori automatici di bevande calde, fredde, frutta e snack da installare nelle aree appositamente individuate, ovvero da individuare, all’interno dei Presidi Ospedalieri e delle Strutture Territoriali dell’Azienda Sanitaria Locale di Taranto”, appare interessante, perché ribadisce in materia chiara le ragioni a sostegno della tesi favorevole all’applicazione estensiva della normativa.
Il Tar, in primis, richiama l’art. 164 del codice dei contratti pubblici, secondo il quale: “alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”.
Il Collegio non ravvede poi “ragioni di incompatibilità della norma de qua [art. 97 n.d.r.] con la fattispecie della concessione”, considerando che “ (…) mentre la valutazione tecnica dell’offerta non si differenzia da quella propria delle procedure di aggiudicazione degli appalti, quella di ordine economico sottende la medesima esigenza di verifica di congruità, alla luce degli indici di inaffidabilità tipizzati dal legislatore, anche la previsione del «canone», dovuto dal concessionario all’Amministrazione concedente quale contropartita della disponibilità dei beni pubblici presso i quali svolgere il servizio, potendo manifestare profili di incongruità (in eccesso) e, quindi, alimentare ragionevoli dubbi in ordine alla corretta esecuzione del servizio (C.d.S., III, 17 aprile 2018, n. 2317)”.
Il Giudice amministrativo ritiene, quindi, che alla concessione di servizi e dunque alla fattispecie al suo esame possa essere applicata tutta la normativa dettata dal d.lgs. 50/2016 in materia di verifica dell’anomalia. La verifica dell’offerta in questione, ad avviso del Tar pugliese, dev’essere infatti effettuata mediante una valutazione di equilibrio e congruità e equilibrio economico-finanziario della stessa, e dunque della sostenibilità del canone offerto dall’impresa, unitamente agli ulteriori costi generati dall’implementazione e dall’erogazione del servizio, in rapporto con i ricavi che lo stesso può generare, tenendo conto della necessità che l’operatore sia in grado di ricavare un (per quanto esiguo) utile.
Sul punto, il Consiglio di Stato, con sentenza, n. 2885 del 7 maggio 2020, ha ribadito che “Nelle procedure per l’aggiudicazione di concessioni di servizi, in cui l’affidatario è tenuto a farsi carico del rischio economico legato alla gestione, l’offerta si fonda su una previsione economico-finanziaria, la quale, elaborata sulla base dei dati forniti dalla stazione appaltante e di quelli desunti dall’esperienza professionale nel settore dell’impresa concorrente, è caratterizzata da un naturale margine di incertezza. Conseguentemente, il giudizio di congruità da parte della stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia, avrà ad oggetto l’attendibilità di tale previsione, con un alto margine di opinabilità tecnico-discrezionale nella valutazione della sostenibilità economica dell’offerta, la cui natura probabilistica si riflette altresì sul giudizio in esame, sindacabile in via giurisdizionale per evidente errore di fatto o macroscopica irragionevolezza.
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