La procedura di riequilibrio del dissesto finanziario degli enti locali è stata introdotta dall’articolo 25 del Decreto Legge 2 marzo 1989. Dalla sua introduzione, l’istituto ha subìto diverse modifiche, al fine di contemperare i diritti dei cittadini e i diritti dei creditori dell’ente. Oggi, l’art. 244 del Testo Unico d. lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che si ha dissesto finanziario quando il Comune non è più in grado di assolvere alle funzioni ed ai servizi indispensabili, oppure quando nei confronti dell’ente esistono crediti di terzi ai quali non si riesce a far fronte con il mezzo ordinario del ripristino del riequilibrio di bilancio né con lo strumento del debito fuori bilancio.
Prima di arrivare al dissesto, gli enti locali possono trovarsi in altre situazioni critiche: altri: il deficit e ilc.d. pre-dissesto.
Sono considerati deficitari gli enti che sforano almeno cinque dei dieci parametri stabiliti dal decreto ministeriale del 18 febbraio 2013, quale, ad esempio, un saldo negativo del risultato contabile di gestione superiore al 5% delle entrate correnti, oppure l’eccessiva quota di residui attivi o passivi in relazione a spese.
Nell’allegato B del decreto, sono elencati i seguenti parametri obiettivi per i comuni:
1) Valore negativo del risultato contabile di gestione superiore in termini di valore assoluto al 5 per cento rispetto alle entrate correnti (a tali fini al risultato contabile si aggiunge l’avanzo di amministrazione utilizzato per le spese di investimento);
2) Volume dei residui attivi di nuova formazione provenienti dalla gestione di competenza e relativi ai titoli I e III, con l’esclusione delle risorse a titolo di fondo sperimentale di riequilibrio di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 23 del 2011 o di fondo di solidarietà di cui all’articolo 1, comma 380 della legge 24 dicembre 2013 n. 228, superiori al 42 per cento rispetto ai valori di
accertamento delle entrate dei medesimi titoli I e III esclusi gli accertamenti delle predette risorse a titolo di fondo sperimentale di riequilibrio o di fondo di solidarietà;
3) Ammontare dei residui attivi provenienti dalla gestione dei residui attivi e di cui al titolo I e al titolo III superiore al 65 per cento, ad esclusione eventuali residui da risorse a titolo di fondo sperimentale di riequilibrio di cui all’articolo 2 del decreto legislativo n. 23 o di fondo di solidarietà di cui all’articolo 1 comma 380 della legge 24 dicembre 2013 n. 228, rapportata agli accertamenti della gestione di competenza delle entrate dei medesimi titoli I e III ad esclusione degli accertamenti delle predette risorse a titolo di fondo sperimentale di riequilibrio o di fondo di
solidarietà;
4) Volume dei residui passivi complessivi provenienti dal titolo I superiore al 40 per cento degli impegni della medesima spesa corrente;
5) Esistenza di procedimenti di esecuzione forzata superiore allo 0,5 per cento delle spese correnti anche se non hanno prodotto vincoli a seguito delle disposizioni di cui all’articolo 159 del tuoel;
6) Volume complessivo delle spese di personale a vario titolo rapportato al volume complessivo delle entrate correnti desumibili dai titoli I, II e III superiore al 40 per cento per i comuni inferiori a 5.000 abitanti, superiore al 39 per cento per i comuni da 5.000 a 29.999 abitanti e superiore al 38 per cento per i comuni oltre i 29.999 abitanti; tale valore è calcolato al netto dei contributi regionali nonché di altri enti pubblici finalizzati a finanziare spese di personale per cui il valore di tali contributi va detratto sia al numeratore che al denominatore del parametro;
7) Consistenza dei debiti di finanziamento non assistiti da contribuzioni superiore al 150 per cento rispetto alle entrate correnti per gli enti che presentano un risultato contabile di gestione positivo e superiore al 120 per cento per gli enti che presentano un risultato contabile di gestione negativo, fermo restando il rispetto del limite di indebitamento di cui all’articolo 204 del TUEL con le modifiche di cui di cui all’art. 8, comma 1 della legge 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1 gennaio 2012;
8) Consistenza dei debiti fuori bilancio riconosciuti nel corso dell’esercizio superiore all’1 per cento rispetto ai valori di accertamento delle entrate correnti, fermo restando che l’indice si considera negativo ove tale soglia venga superata in tutti gli ultimi tre esercizi finanziari;
9) Eventuale esistenza al 31 dicembre di anticipazioni di tesoreria non rimborsate superiori al 5 per cento rispetto alle entrate correnti;
10) Ripiano squilibri in sede di provvedimento di salvaguardia di cui all’art. 193 del tuoel con misure di alienazione di beni patrimoniali e/o avanzo di amministrazione superiore al 5% dei valori della spesa corrente, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, commi 443 e 444 della legge 24 dicembre 2012 n. 228 a decorrere dal 1 gennaio 2013; ove sussistano i presupposti di legge per finanziare il riequilibrio in più esercizi finanziari, viene considerato al numeratore del parametro l’intero importo finanziato con misure di alienazione di beni patrimoniali, oltre che di avanzo di amministrazione, anche se destinato a finanziare lo squilibrio nei successivi esercizi finanziari.
Dinanzi a una crisi strutturale il comune può invece ricorrere all’istituto del pre-dissesto. Tale istituto, introdotto nel 2012 permette al comune di evitare il vero e proprio dissesto e consiste in un piano di riequilibrio pluriennale che può essere assistito dallo Stato, il quale può anticipare risorse attingendo ad uno specifico fondo, il Fondo rotativo. L’obiettivo è dunque incrementare le entrate dei Comuni a fronte di minor spese: per questo motivo gli enti che scelgono di ricorrere al pre-dissesto incorrono spesso a un aumento della pressione fiscale e a un conseguente taglio dei servizi.
Ricorrere al Fondo di rotazione chiaramente comporta maggiore vigilanza sull’applicazione delle misure previste, così come maggiore rigidità sulle conseguenze sul piano finanziario stabilite dall’ art. 243 (e seguenti bis, ter, quater):
All’interno del piano di riequilibrio bisogna inoltre dimostrare sia che gli oneri dei contratti troveranno copertura in bilancio, sia che le somme iscritte dalle società a credito verso l’ente troveranno corrispondente iscrizione tra i debiti dello stesso. In assenza di un piano di rientro l’amministrazione rimane esposta agli interessi passivi sul debito, rinegoziazione del mutuo, aumento e allungamento delle rate, anche in assenza di nuovi debiti.
Come previsto dal Dispositivo dell’art. 243 bis TUEL, comma 1, il comune che voglia ricorre alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale può farlo per mezzo di una delibera consiliare. Inoltre la predetta procedura non può essere iniziata qualora sia decorso il termine assegnato dal prefetto, con lettera notificata ai singoli consiglieri, per la deliberazione del dissesto, di cui all’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149.
Successivamente (comma 2) La deliberazione di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale deve essere trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell’interno.
Dalla data di esecutività, entro 90 giorni, il consiglio dell’ente locale è tenuto a deliberare un piano di riequilibrio finanziario pluriennale di durata compresa tra quattro e venti anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell’organo di revisione economico-finanziario (comma 5), determinata sulla base del rapporto tra le passività da ripianare nel medesimo e l’ammontare degli impegni di cui al titolo I della spesa del rendiconto dell’anno precedente a quello di deliberazione del ricorso alla procedura di riequilibrio o dell’ultimo rendiconto approvato, secondo la seguente tabella(comma 5bis):
Rapporto passività/ impegni di cui al titolo I | Durata massima del piano di riequilibrio finanziario pluriennale |
Fino al 20 per cento | 4 anni |
Superiore al 20 per cento e fino al 60 per cento | 10 anni |
Superiore al 60 per cento e fino al 100 per cento per i comuni fino a 60.000 abitanti | 15 anni |
Oltre il 60 per cento per i comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti e oltre il 100 per cento per tutti gli altri comuni | 20 anni |
È importante che il piano di riequilibrio finanziario contenga tutte le misure necessarie a superare le condizioni di squilibrio rilevate e che queste vengano specificate insieme a (comma 6):
a) le eventuali misure correttive adottate dall’ente locale in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno accertati dalla competente sezione regionale della Corte dei conti;
b) la puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei fattori di squilibrio rilevati, dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall’ultimo rendiconto approvato e di eventuali debiti fuori bilancio;
c) l’individuazione, con relative quantificazione e previsione dell’anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie per ripristinare l’equilibrio strutturale del bilancio, per l’integrale ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il periodo massimo di dieci anni, a partire da quello in corso alla data di accettazione del piano;
d) l’indicazione, per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori bilancio.
In presenza di debiti fuori bilancio riconoscibili ai sensi dell’articolo 194 (comma 7), il finanziamento può avvenire anche mediante un piano di rateizzazione che abbia però una durata massima pari agli anni del piano stesso.
Infine, per tutta la durata del piano di riequilibrio l’ente è soggetto a controlli ed è tenuto a effettuare revisioni e delibere che siano volte alla sola riuscita del graduale riequilibrio finanziario (comma 8), così come, entro il termine dell’esercizio finanziario, a ridurre spese e spese e personale (comma 9).
Lo studio legale Tristano assiste le imprese e i professionisti che vantino un credito nei confronti della Pubblica Amministrazione sia al fine dell’ottenimento del titolo esecutivo (decreto ingiuntivo, sentenza), sia nella successiva fase del recupero effettivo del credito.