Come noto, il d. lgs. n. 50/16, recependo quanto stabilito dalla Direttiva UE n. 23/2014, ha profondamente innovato le procedure di affidamento delle concessioni pubbliche e, in particolare, le concessioni di servizi.
Secondo la previgente disciplina (d. lgs. n. 163/2006), la procedura di affidamento di una concessione pubblica era parzialmente esclusa dall’ambito applicativo del Codice dei Contratti, residuando conseguentemente, pur nel rispetto dei principi generali, ampia discrezionalità in capo alla Stazione Appaltante nella scelta delle concrete modalità di selezione e aggiudicazione della gara.
Oggi, invece, l’affidamento della concessione di servizi è regolamentato dalla Parte IV del d.lgs. n. 50/2016.
Il maggior dettaglio regolamentare ha costretto le Stazioni Appaltanti a modificare il proprio approccio alle procedure, aumentandone la complessità e gli elementi da valutare preventivamente in sede di redazione del bando di gara.
Come noto, ai sensi del combinato disposto del d. lgs. n. 50/2016 e delle linee guida Anac n. 9/18, nel contratto di Vending il gestore assume su di sé il cosiddetto rischio operativo, da intendersi come il rischio legato alla gestione dei servizi trasferiti al concessionario, il rischio di disponibilità, ossia quello concernente la capacità di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, nonché il rischio di domanda, connesso ai diversi volumi di domanda del servizio ovvero inerente alla mancanza di utenza e quindi di flussi di cassa.
Si considera che il concessionario assume il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni normali, “non risulti garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile” (TAR Lombardia – Milano, Sezione I, 11 novembre 2016, n. 2090)
Non sfugge al concetto di “alea normale” (e dunque non comporta un obbligo di revisione del piano di equilibrio economico finanziario della concessione) tutto ciò che è collegato a fluttuazioni anche accentuate ma non per questo “straordinarie” del mercato.
La traslazione dell’alea inerente l’attività in capo al gestore deve sempre intendersi, però, nel rispetto dell’equilibrio economico e finanziario, ex art. 165 d. lgs n. 50/16.
In quest’ottica, uno dei punti più dibattuti del nuovo modello delle concessioni di servizi è rappresentato dal Piano Economico Finanziario (PEF). Il PEF rappresenta il fulcro di tutte le tipologie di procedure di partenariato pubblico-privato (quindi, per le concessioni, per i lavori, per i servizi, per il project financing, etc.).
La redazione del PEF ha un duplice scopo:
• Sotto un primo aspetto, essa è fondamentale al fine di stabilire il punto di equilibrio economico-finanziario della concessione confrontando costi e ricavi e permettendo di operare, non soltanto una valutazione dei rischi a carico del concessionario-gestore, ma anche dei possibili ritorni economici per le Stazioni Appaltanti, secondo una modalità previsionale basata su dati oggettivi, in quanto generalmente fondati sullo storico della concessione precedente.
• Per altro verso, essa è altresì funzionale a stabilire la durata della concessione, in particolare nel caso di quelle di più lunga durata, nelle quali è fondamentale stimare “ex ante” il periodo di tempo necessario a recuperare gli investimenti da parte del concessionario, oltre a remunerare il capitale investito.
La centralità del PEF è riconosciuta anche dall’ANAC nelle Linee Guida n° 9 recanti “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico/privato”.
Attraverso il PEF, infatti, consente di mettere a confronto la stima di tutte le voci di costo e di ricavo durante la durata di una concessione.
Al momento di indire una procedura di selezione, le Amministrazioni devono dunque operare sempre una stima, nel massimo grado di dettaglio consentito, dei costi e dei ricavi rinvenibili nel corso della concessione in affidamento.
È appena il caso di evidenziare che il punto nodale della concessione – e la maggiore difficoltà applicativa – è rappresentato proprio dalla puntuale stima dei costi e dei ricavi.
Il PEF predisposto dalla Stazione Appaltante e posto a base di gara costituisce, infatti, la “cornice” per gli operatori economici che si accingono a predisporre la propria offerta, inserendo nella stessa un proprio PEF costruito con gli importi e le voci specifiche di costo relative alla propria organizzazione, nonché i ricavi stimati.
Cosa accade in ipotesi di mutamento delle condizioni del rapporto negoziale, tali da alterare l’equilibrio economico in danno del gestore del servizio?
Secondo la giurisprudenza, l’Amministrazione può (e deve) procedere a una revisione del piano economico e finanziario, anche in assenza di un’espressa previsione contrattuale (Cons. Stato, Sez. V, 22 ottobre 2015, n. 4857), quando ciò si renda necessario per la presenza di un nuovo programma di investimenti ovvero da eventi straordinari che determinino un’alterazione del piano economico-finanziario medesimo. La giurisprudenza ha chiarito che l’aggiornamento del PEF è volto a verificare “l’eventuale necessità di riequilibrio della concessione attraverso l’aggiornamento, la riallocazione e la ridistribuzione delle poste più rilevanti nella gestione della Concessione, per garantirne la sostenibilità finanziaria” (Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2018, n. 1098).
Nel campo del Vending, un esempio di alterazione del PEF è rappresentato dalla richiesta dell’Amministrazione di installazione di un numero rilevante di distributori in prossimità della scadenza o con un periodo residuo non idoneo a consentire di ammortizzare gli investimenti effettuati.
In questo caso, il gestore può proporre una motivata istanza all’Amministrazione, chiedendo una proroga della concessione, che non può, tuttavia, mai tradursi, per durata, in un nuovo affidamento, pena la violazione delle norme del Codice dei contratti pubblici.