Il recente Codice degli Appalti (d. lgs. n. 36/23) e la Legge sull’Equo Compenso (Legge n. 49/2023) hanno suscitato una serie di dubbi e incertezze.
Da un lato, il Codice degli Appalti vieta esplicitamente le prestazioni intellettuali non retribuite, tranne in circostanze eccezionali, come stabilito dall’art. 8 comma 2, dall’altro, la nuova Legge n. 49/2023 sull’Equo Compenso, vieta ogni accordo che non preveda un compenso giusto e proporzionato al lavoro svolto, senza alcuna eccezione.
La contemporanea vigenza di due norme contrastanti contribuisce ad un panorama legislativo complesso, con questioni ancora irrisolte, come la definizione dei “casi eccezionali”, che permettono prestazioni gratuite, e i criteri per valutare tale eccezionalità.
Uno dei punti più critici riguarda le procedure di gara per i servizi professionali, in particolare la questione se sia possibile presentare offerte al ribasso rispetto ai parametri minimi stabiliti.
In passato la giurisprudenza aveva consentito la possibilità di utilizzare i parametri ministeriali minimi quale compenso da porre a base di gara, con possibilità di apportare riduzioni percentuali. Sulla base del nuovo corpus normativo, non mancano interpretazioni che escludono che il compenso del professionista possa essere soggetto a ribasso e che – vista l’inapplicabilità del criterio di aggiudicazione del prezzo più basso – il criterio dell’offerta più vantaggiosa dovrà essere applicato sulla base dei soli criteri qualitativi e a prezzo fisso.
L’ammissibilità di offerte al ribasso in tema di compenso, d’altra parte, susciterebbe nuovi interrogativi. Nel caso di offerte al ribasso al di sotto delle soglie dell’equo compenso, ci si potrebbe chiedere, a livello teorico, se lo stesso aggiudicatario della gara, successivamente alla stipula del contratto di opera professionale, possa contestare il ribasso da lui proposto (e sulla base del quale è risultato aggiudicatario) chiedendo un allineamento all’equo compenso in conformità al decreto parametri. Tale scenario pare tuttavia poco praticabile: un’interpretazione affermativa, infatti, costituirebbe un chiaro vulnus al principio della concorrenza e della par condicio dei concorrenti (i quali, si rammenta, potrebbero comunque, ai sensi del summenzionato art. 5, comma 5, della l. n. 49/2023 segnalare all’ordine di appartenenza il professionista che si sia aggiudicato la gara con un compenso inferiore ai parametri dell’equo compenso).
Il recente intervento dell’ANAC con la delibera n. 343/2023 ha evidenziato che le tariffe ministeriali sono ora parametri vincolanti, eliminando l’opzione del criterio di aggiudicazione basato sul prezzo più basso. Questo ha portato alla proposta che le gare per i servizi tecnici siano condotte a “prezzo fisso”, basandosi solo su criteri qualitativi.
Mentre, tuttavia, l’Ordine degli Ingegneri ha accolto positivamente questa interpretazione, l’Ordine degli Architetti ha richiesto un intervento correttivo per allineare il Codice degli Appalti alla Legge sull’Equo Compenso, evidenziando la necessità di una maggiore coerenza e chiarezza normativa.
In conclusione, la legislazione sull'Equo Compenso, non sempre lineare, e le esigenze di riforma del Codice degli Appalti, rendono probabile che la giurisprudenza avrà un ruolo decisivo nel risolvere i dubbi applicativi relativi alla nuova legge, influenzando in modo significativo le relazioni tra professionisti e Pubbliche Amministrazioni.
In attesa di un intervento legislativo, che appare improbabile a breve, la situazione attuale implica che le gare per servizi professionali debbano procedere con un approccio a “prezzo fisso”, limitando la valutazione alle sole qualità delle offerte presentate.
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