In Italia, tra il 1989 e il 2018, 640 Comuni hanno dichiarato il dissesto finanziario.
Nel periodo 2012 – 2018, 299 Comuni hanno fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario.
L’art. 244 del decreto legislativo 8 agosto 2000, n. 267 – Testo Unico delle legge sull’ordinamento degli enti locali (più conosciuto come Testo Unico Enti Locali, o TUEL stabilisce che si verifichi il dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistano, nei confronti dell’ente locale, crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’articolo 193 (riequilibrio del bilancio), ovvero con le modalità di cui all’articolo 194 (debito fuori bilancio).
A differenza di quanto avviene per le aziende private, nel caso dei Comuni non può esservi dichiarazione di fallimento, con conseguente chiusura dell’attività. Un ente pubblico, infatti, non può cessare di esistere. La norma prevede, dunque, in questi cas,i una separazione netta tra la gestione precedente e quella nuova.
Se da una parte, infatti il Consiglio Comunale inizia una nuova vita finanziaria, dall’altra, tramite un decreto del Presidente della Repubblica, viene incaricato un apposito organo al fine di gestire le insolvenze. Si tratta dell’Organo Straordinario di Liquidazione (OSL), cui viene affidata la gestione degli oneri pregressi e viene dato il compito di redigere un piano di estinzione dei debiti che ha come obiettivo quello di azzerare la situazione di deficit.
L’art. 248, ai commi 2 e 4, t.u. enti locali stabilisce che «2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell’ente per i debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto […] sono dichiarate estinte d’ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese. […]» 4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all’approvazione del rendiconto di cui all’articolo 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa e già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell’ente che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità».
L’applicazione della norma sopra citata comporta che alla data di dichiarazione di dissesto i singoli creditori non possano intraprendere o proseguire azioni esecutive per i debiti che rientrano ormai nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, né che i debiti insoluti possano produrre rivalutazione monetaria e interessi di qualsiasi natura.
Per procedere con le azioni esecutive (ottemperanza, pignoramento) per il recupero del credito bisogna dunque attendere la nomina del Commissario, per la quale, generalmente, sono necessari dai 3 ai 5 mesi.
Un volta nominato, l’Organo Straordinario di Liquidazione si occuperà di effettuare la ricognizione degli insoluti del Comune, così come si occuperà di stabilire l’entità della “massa passiva”, cioè dell’insieme dei crediti che possiede il comune.
Il fornitore può, dunque, fare richiesta di ammissione alla massa passiva del Comune che ha dichiarato dissesto, al fine di recuperare i propri crediti. Per l’effettivo pagamento ai creditori, a quel punto ci sono due possibili procedure, una Ordinaria e una Semplificata.
La procedura Ordinaria prevede che l’OSL disponga il pagamento dell’intero debito, ma solo a seguito dell’ accertamento della sussistenza dei crediti. Per portare a termine tali indagini possono trascorrere anche 5 anni.
All’art 258 del T.U. , è prevista invece la procedura semplificata, ovvero quella procedura che consente di ottenere il saldo del credito in tempi più brevi. In circa 12 mesi, infatti, il creditore può ricevere quando a lui dovuto ma con una riduzione che può variare dal 40 al 60% sul totale.
Data la tempistica sopra accennata, una soluzione agevolmente praticabile è la compensazione dei crediti, non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti della Pubblica Amministrazione.
A questo fine, è necessaria, la certificazione dei crediti, ovvero l’attestazione dell’esistenza, dell’ammontare e della certezza, liquidità ed esigibilità dei crediti vantati nei confronti della Pubblica Amministrazione (Enti territoriali locali, Ministeri, società pubbliche, ASL, Autorità, etc.).
La procedura che porta alla certificazione del credito è facilmente azionabile per mezzo di una piattaforma appositamente predisposta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze – Ragioneria Generale dello Stato e accessibile al seguente indirizzo web: http://certificazionecrediti.mef.gov.it, ed è totalmente gratuita.
La certificazione può essere ottenuta solo previa presentazione di apposita istanza sulla piattaforma di cui sopra, non ha scadenze temporali e può essere presentata in qualunque momento. Vi sono tuttavia delle condizioni previste dalla legge per poter beneficiare della garanzia dello Stato.
Chiunque (società, impresa individuale o persona fisica) vanti un credito commerciale non prescritto, certo, liquido ed esigibile nei confronti di una P.A., può presentare istanza di certificazione (per un approfondimento, https://www.studiotristano.com/la-certificazione-del-credito-nei-confronti-della-p/).
Lo studio legale Tristano assiste le imprese e i professionisti che vantino un credito nei confronti della Pubblica Amministrazione sia al fine dell’ottenimento del titolo esecutivo (decreto ingiuntivo, sentenza), sia nella successiva fase del recupero effettivo del credito.