Le infezioni da nuovo Coronavirus avvenute nell’ambiente di lavoro, o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, sono tutelate a tutti gli effetti come infortuni sul lavoro.
A precisarlo è la circolare n. 13 dell’Inail del 3 aprile 2020, con cui l’Istituto fornisce indicazioni in merito alle tutele garantite ai propri assicurati.
“Tutti i casi accertati di infezione sul lavoro – spiega il presidente dell’Inail, Franco Bettoni – faranno scattare la piena tutela dell’Istituto, come per gli altri infortuni o malattie, già a partire dal periodo di quarantena. Ci siamo già attivati, inoltre, per codificare il Covid-19 come nuova malattia-infortunio, per una corretta rilevazione dei casi a fini statistico epidemiologici”.
La tutela della salute del lavoratore è un diritto costituzionalmente garantito, pertanto il datore ha l’obbligo di porre in essere tutte le misure per evitare che si verifichino eventi dannosi.
La tutela Inail interessa tutti i lavoratori e, in particolar modo, tutti gli operatori sanitari esposti a un elevatissimo rischio di contagio in virtù dell’attività prestata.
Anche tutte le categorie di lavoratori che svolgono mansioni in costante contatto con l’utenza (a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo: impiegati in front-office, cassieri,commessi, addetti alle vendite/banconisti etc.), si trovano in una situazione di rischio.
Pertanto, un contagio da Coronavirus viene qualificato come infortunio sul lavoro quando venga dimostrato il nesso di causalità tra attività prestata ed evento morboso, così come avviene normalmente per ogni sinistro occorso durante lo svolgimento dell’attività lavorativa.
Per alcune categorie di lavoratori, ad esempio i sanitari, vi è una presunzione di correlazione estrinsecata nel cosiddetto “rischio specifico”. Per tutti i lavoratori ove questo rischio specifico non sussiste, tale presunzione si applica.
La normativa vigente ricomprende anche quei casi in cui la correlazione tra evento e danno non sia immediatamente ravvisabile. In tal caso, la richiamata circolare Inail chiarisce che, al fine di garantire la piena tutela, si applicheranno le ordinarie procedure di accertamento medico-legale fondate sui seguenti elementi: epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.
Così come avviene per ogni infortunio, il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare la denuncia/comunicazione di sinistro. Il termine decorre dal primo giorno di astensione dal lavoro attestato dalla certificazione medica per avvenuto contagio, ovvero dal primo giorno di astensione dal lavoro coincidente con l’inizio della quarantena obbligatoria.
Il medico certificatore deve predisporre e trasmettere telematicamente all’Inail il certificato medico d’infortunio. Permane, inoltre, l’obbligo di denuncia/comunicazione di infortunio per il datore di lavoro quando viene a conoscenza del contagio occorso al lavoratore.
Sono tutelati dall’Istituto, inoltre, anche i casi di contagio da nuovo Coronavirus avvenuti initinere (sinistri occorsi al lavoratore durante il percorso casa/lavoro e viceversa). Al fine di tutelare la salute pubblica, le aziende sono stati invitate a porre i lavoratori in regime di smart working. Questa misura garantisce la materiale impossibilità del lavoratore di poter incorrere in contagi durante il tragitto che abitualmente percorre per recarsi sul posto di lavoro.
Poiché determinate categorie di lavoratori non possono svolgere le loro attività in regime di smart working, come ad esempio nel Vending, è assolutamente consigliato l’utilizzo di mezzi di protezione individuale al fine di contenere il rischio di possibili contagi.
Si ha riserva di regolarità in tutti quei casi in cui l’infortunio si presume essere da Coronavirus, ma i dati sanitari e il quadro clinico riscontrato è sovrapponibile ad altre patologie. In tal caso, l’infortunio viene indennizzato e qualificato come infezione da Coronavirus solo in caso di esito positivo del tampone. Infatti, in assenza di infezione da Coronavirus l’Inail non potrà procedere con l’indennizzo stante la mancanza dell’evento tutelato.
Tuttavia, stante l’enorme difficoltà riscontrata nell’effettuazione dei test su tampone o altra misura idonea, in difetto di specifica analisi si potrà procedere per conferma diagnostica ai fini medico-legali indennitari in tutti quei casi in cui la ricorrenza di un quadro clinico suggestivo di Covid-19, accompagnato da una rilevazione strumentale, sia altrettanto suggestiva e supportata da elementi anamnestico-circostanziali ed epidemiologici dirimenti.
In caso di decesso del lavoratore, ai sensi della disciplina vigente, i familiari hanno diritto alla prestazione economica una tantum prevista dal Fondo delle vittime di gravi infortuni sul lavoro.
Tale prestazione è prevista sia per soggetti assicurati con Inail che per quelli per i quali non sussiste il pre-
detto obbligo come, per esempio, i liberi professionisti.
Acclarato che in determinate circostanze il Coronavirus può essere qualificato come infortunio sul lavoro, in capo al datore di lavoro sorge l’obbligo di tutelare la salute del lavoratore dotandolo dei dispositivi di protezione individuale e attuando tutte le misure di sicurezza necessarie a evitare contagi. Il Coronavirus rappresenta un tipo di rischio biologico; pertanto, la maggior parte dei lavoratori dovrà utilizzare dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie e delle mani.
Non è possibile definire un protocollo univoco applicabile a tutti i lavoratori. I dispositivi di protezione individuale devono essere adeguati alle mansioni e variati in base alle condizioni proprie dell’attività svolta.
A tal fine è opportuno integrare il documento della valutazione dei rischi (DVR) e rendere edotti i dipendenti sui comportamenti da tenere e sulle nuove norme di sicurezza vigenti.
L’utilizzo di questi dispositivi deve essere razionale e corretto per ridurre le possibilità di contagio. È sconsigliato improvvisare e adottare misure non ponderate. Infatti, interventi azzardati o inadeguati potrebbero rivelarsi dei veri e propri boomerang e originare dei contenziosi legali.
A tal fine,è indispensabile avvalersi della collaborazione di un professionista che, coordinandosi con l’azienda, pianifichi una strategia nel pieno rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori, tra i quali ricordiamo, in primis, il diritto alla privacy.
Dotare un lavoratore dei corretti DPI contro il Coronavirus è altrettanto importante quanto dotare un operaio edile, che svolge la sua attività in cantiere, di scarpe antinfortunistiche e caschetto.
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica, e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Tale obbligo sancito in primis nell’art. 2087 c.c. deve sempre essere tenuto a mente. Infatti, il da-
tore è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie a salvaguardare l’integrità fisica, avendo particolare riguardo al caso concreto e alla specifica mansione/lavorazione svolta dal dipendente.
La giurisprudenza ha più volte sancito il principio secondo il quale il datore di lavoro non solo ha l’obbligo di disporre tutte le misure antinfortunistiche, ma anche di sorvegliare che i lavoratori adottino tali comportamenti, nominando dei responsabili all’uopo preposti che fungano da garanti dell’incolumità fisica dei dipendenti.
Il lavoratore è responsabile dell’infortunio occorsogli soltanto nel caso in cui la sua responsabilità e le sue
azioni risultino abnormi, eccezionali, ovvero imprevedibili rispetto alle di-
rettive ricevute.
Pertanto, tra gli obblighi del datore di lavoro è ricompreso il dovere/potere di controllo e prevenzione di eventuali comportamenti negligenti e/o imprudenti del lavoratore che dovranno essere opportunamente sanzionati con provvedimenti disciplinari.
Dotare i lavoratori dei DPI e informarli sul corretto utilizzo non è sufficiente a scaricare il datore di lavoro da eventuali responsabilità, civili e penali, in caso di evento dannoso.