Il subappalto è sempre stato un istituto fortemente discusso e limitato dalla normativa di settore, in considerazione del possibile, insito, rischio di infiltrazioni di criminalità organizzata. La normativa europea, al contrario, ha, nel tempo, favorito l’utilizzazione di tale figura negoziale. L’istituto si è dunque evoluto, fino ad arrivare al d.lgs. n. 50/2016, che ha operato una distinzione tra le attività che potevano essere subappaltate e quelle che non potevano esserlo.
Prima di analizzare la differenza tra il vecchio e il nuovo codice, definiamo che cos’è il subappalto. Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, con organizzazione di mezzi e rischi a carico del subappaltatore.
La nuova disposizione contenuta nel codice degli appalti ricalca il vecchio testo aggiornato con le modifiche apportate dall’art. 49 del d.l. n. 77/2021 e dall’art. 10 della legge n. 231/2021, nello specifico quanto alla soppressione dei limiti quantitativi al subappalto ed al rispetto da parte del subappaltatore dell’obbligo di indicare una terna di nominativi di subappaltatori in fase di aggiudicazione e di offerta.
L’art. 119 del nuovo codice dei contratti pubblici, che disciplina il contratto di subappalto, ha apportato una correzione per rimediare ad un’imprecisione teorica riguardante il regime delle nullità collegato al divieto di cessione del contratto ed ai limiti del subappalto.
Si è quindi previsto che la nullità riguardi il contratto di cessione e gli accordi in deroga ai limiti normativi del subappalto, mentre l’ambigua formulazione dell’art. 105 co.1 d.lgs. 50/2016 prevedeva la nullità, piuttosto, del contratto ceduto.
Inoltre si è riferito il limite di subappalto alla prevalente esecuzione delle lavorazioni relative alla categoria prevalente piuttosto che al complesso delle categorie prevalenti per collegare la previsione all’attuale sistema di qualificazione degli operatori economici, che prevede che la categoria prevalente sia unica.
La novità più rilevante è l’ammissione della disciplina del c.d. subappalto a cascata (vietata nel d.lgs. 50/2016).
Tale previsione supera il rigido divieto in forza del quale, finora, l’esecuzione delle prestazioni affidate in subappalto non poteva formare oggetto di ulteriore subappalto.
Invece, il comma 17 dell’art. 119 mira a soddisfare le prescrizioni delle direttive UE in ordine al superamento del divieto assoluto di ricorrere al subappalto per prestazioni a loro volta già oggetto di subappalto, fissato dalla disciplina nazionale in maniera astratta, quindi prescindendo da qualsiasi possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzionare il carattere essenziale degli incarichi.
L’opzione non può peraltro genericamente leggersi come liberalizzazione del subappalto cosiddetto “a cascata”.
Trattasi, viceversa, di garantire l’esigenza che, nel necessario rispetto dei principi di trasparenza e di tutela del mercato del lavoro, limitazioni alla possibilità di ricorso all’ulteriore subappalto possono essere disposte dalle stazioni appaltanti, purché specifiche e motivate nella documentazione di gara, in base ad una serie di parametri che lo stesso legislatore si premura di fissare.
In tal senso la nuova disciplina prevede che è ben possibile indicare “le prestazioni o le lavorazioni oggetto del contratto di appalto che, pur subappaltabili, non possono formare oggetto di ulteriore subappalto, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’appalto e dell’esigenza, tenuto conto della natura o della loro complessità, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro o di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori oppure di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali. Si prescinde da tale ultima valutazione quando i subappaltatori ulteriori siano iscritti nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 dell’articolo 1 della legge 6 novembre 2012, n.190, ovvero nell’anagrafe antimafia degli esecutori istituita dall’articolo 30 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, ovvero nelle cosiddette white list.
Come appare evidente, il riportato ventaglio motivazionale è del tutto analogo a quello già utilizzato, nel comma 2 dell’articolo 119, per giustificare eventuali limitazioni quantitative delle prestazioni subappaltabili, incluso l’obbligo di darne riscontro nella documentazione di gara, salvo che nelle ragioni tecniche, che rappresentano il primo filone argomentativo a supporto delle opzioni restrittive, non trova in questo caso riscontro il riferimento alle opere specialistiche che, viceversa, è valorizzato nel predetto comma 2.
In questo senso la relazione precisa che si è ritenuto di non fare rinvio alla norma generale in materia di subappalto, di cui al comma 2 dello stesso articolo, ma di prevedere uno specifico comma – appunto il comma 17 – sia per l’esigenza di rispondere puntualmente alla procedura di infrazione in corso, sia per rendere più chiara la necessità di un’apposita previsione nei documenti di gara che, nel prevedere il subappalto, si occupi anche del subappalto da parte del subappaltatore.
Ciò posto, vengono quindi in evidenza non poche questioni di carattere operativo legate al subappalto “a cascata”, principalmente sul fronte dell’individuazione e della gestazione del regime autorizzatorio, delle responsabilità per le prestazioni eseguite, della qualificazione degli operatori economici specie in caso di appalti di lavori, dell’applicazione del regime antimafia.
La prima questione riguarda se e chi debba occuparsi di autorizzare gli ulteriori livelli di subappalto, successivi rispetto al primo.
La relativa soluzione si pone in modo differente a seconda della natura pubblicistica o privatistica che si intende dare al rapporto in questione.
Infatti, fermo restando che anche ai sensi del codice civile il subappalto necessita comunque di autorizzazione (L’appaltatore non può dare in subappalto l’esecuzione dell’opera o del servizio, se non è stato autorizzato dal committente; così art. 1656 cod. civ.), il tema riguarda chi è il soggetto deputato a renderla nel caso che qui interessa: nell’ottica pubblicistica dovrà esser sempre l’Amministrazione aggiudicatrice anche per i livelli ulteriori al primo; nell’ottica privatistica sarà l’impresa che avrà affidato l’esecuzione delle prestazioni di propria competenza a terzi titolare del diritto di autorizzare l’ulteriore affidamento del terzo ad altro operatore economico, via via così discendendo lungo tutta la filiera.
Al riguardo l’unico precedente utilizzabile in merito è quello di cui al vecchio articolo 18 della legge 19 marzo 1990, n. 55, recante Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale che, al comma 12, disponeva che il subappaltatore non poteva subappaltare a sua volta i lavori salvo che per la fornitura con posa in opera di impianti e di strutture speciali da individuare con il regolamento; in tali casi il fornitore o subappaltatore, per la posa in opera o il montaggio, può avvalersi di imprese di propria fiducia per le quali non sussista alcuno dei divieti di cui al comma 3,numero 5, con obbligo dell’appaltatore di comunicare alla stazione appaltante, per tutti i sub-contratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del sub-contraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati. A sua volta, il citato numero 5 del comma 3, tra le condizioni di autorizzazione del subappalto prescriveva che non dovesse sussistere, nei confronti dell’affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dall’articolo 10 della legge n. 575 del 1965, e successive modificazioni.
Il precedente non chiarisce tutti i dubbi ma ciò che sicuramente emerge è che l’idoneità antimafia è un requisito che va verificato lungo l’intera filiera dei subappalti ed in tal senso il relativo “via libera” (autorizzazione ?) all’ulteriore subaffidamento non potrà che collocarsi in capo all’amministrazione.
Il passaggio per l’antimafia, e comunque per la disciplina del monitoraggio dei flussi finanziari, ai sensi della legge n.136 del 2010, senz’altro applicabile a tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto, porterebbe a confermare la natura pubblicistica dell’autorizzazione di tutti i subappalti a valle di un contratto pubblico, a prescindere quindi dal livello in cui ciascuno si colloca.
La centralità del regime autorizzatorio nei termini descritti risulta peraltro confermato dalle precisazioni portate dal nuovo codice al comma 10 secondo le quali, l’affidatario sostituisce, previa autorizzazione della stazione appaltante, i subappaltatori relativamente ai quali, all’esito di apposita verifica, sia stata accertata la sussistenza di cause di esclusione.
Rispetto alle altre tematiche aperte dalla subappaltabilità delle prestazioni affidate “ a cascata” rileva altresì il tema delle responsabilità per le prestazioni eseguite, rispetto al quale occorrerà procedere, semmai, su base contrattuale.
In questo senso, infatti, costituisce già una palese forzatura del sistema giuridico generale il fatto di aver previsto, per legge, la responsabilità solidale del subappaltatore cosiddetto “di primo livello” accanto all’appaltatore principale. In assenza di una relazione contrattuale diretta solo una specifica disposizione poteva, infatti, generare un simile effetto, ragion per cui appare difficile procedere estendendo detta regola a tutta la filiera.
Quanto alla qualificazione degli operatori economici affidatari degli ulteriori livelli di subappalto, il tema discende dalla natura del regime autorizzatorio che, se ricondotto al contesto pubblicistico, non potrà prescindere dalle valutazioni di adeguatezza da rendersi dalle stazioni appaltanti lungo tutta la filiera, inclusa la qualificazione secondo il sistema unico (SOA) adeguata alle prestazioni da eseguire per il caso dei lavori. In questo caso anche il tema del riconoscimento della prestazioni eseguite tramite rilascio della relativa certificazione riguarderà i subappaltatori di qualsiasi livello.
Si rammenta che il comma 5 dell’art. 119 entrerà in vigore solo dal 1 gennaio 2024 secondo quanto previsto dalla disciplina transitoria di cui al comma 2 dell’art. 225 del nuovo codice dei contratti pubblici.
Infine, riguardo all’argomento di modifica più importante, è corretto ritenere che spetti alla stazione appaltante indicare già nel contratto di appalto quali sono i lavori che non possono essere oggetto di subappalto a cascata.
La stazione appaltante svolgerà la sua valutazione tenendo conto di alcuni elementi: