INTRODUZIONE
Il diritto all’accesso dei documenti amministrativi consente, nel nostro ordinamento, è posto a tutela sia dell’interesse al buon andamento ed alla trasparenza della Pubblica Amministrazione, sia dell’interesse alla visione di documenti rispetto ai quali vanti un interesse legittimo ovvero un diritto soggettivo.
La nuova disciplina introdotta dal nuovo Codice dei contratti pubblici, entrerà in vigore il 1 gennaio 2024 e consentirà l’accesso agli atti avverrà attraverso le piattaforme, costituite e certificate da AGID, di approvvigionamento digitale.
La digitalizzazione diventa dunque un target trasversale per modernizzare i contratti pubblici, in un’ottica volta a raccogliere le spinte derivanti dallo sviluppo tecnologico attraverso lo snellimento dei rapporti tra amministrazioni pubbliche ed operatori
La disciplina dell’accesso agli atti sino al 31.12.2023
L’accesso ai documenti è attualmente disciplinato dall’art. 53 del d. lgs. 50/2016, che permette la possibilità ai partecipanti di chiedere alla stazione appaltante sia quanto dichiarato ed allegato dagli altri partecipanti, sia le modalità della scelta effettuata dalla stazione appaltante.
Dal 1 gennaio 2024, non sarà più necessario formulare alcuna richiesta. Infatti gli operatori che hanno partecipato ad una procedura di selezione pubblica potranno effettuare immediatamente l’accesso ai dati presenti sulla piattaforma.
La disciplina principale, in materia di accesso, è stata inserita negli articoli 35 e 36 del d.lgs n. 36/2023.
L’accesso agli atti secondo il nuovo Codice degli Appalti
La nuova disciplina, contenuta negli artt. 35 e 36 del nuovo Codice, è stata varata alla luce degli indirizzi forniti dalla Giurisprudenza e, conferendo operatività all’accesso civico, si proietta su un piano di maggiore trasparenza, con l’obiettivo della totale digitalizzazione degli appalti e della relativa disciplina.
L’art. 35 precisa che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti debbano assicurare, in modalità digitale, l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.
Come si può notare, il legislatore ha raccordato la disciplina del diritto d’accesso all’uso di piattaforme digitali, per una piena digitalizzazione del ciclo di vita degli appalti pubblici.
Il richiamo agli articoli 5 e 5 bis del d.lgs. 33/2013 sancisce il diritto per tutti i cittadini ad esercitare l’accesso civico generalizzato sugli atti di gara, seppur nei limiti stabiliti e secondo i principi di riservatezza che costituiscono importanti limiti da valutare prima di consentire l’accesso civico generalizzato.
Il comma 2 del medesimo articolo 35 dello schema puntualizza che, fatta salva la disciplina prevista dal Codice per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, l’esercizio del diritto di accesso è differito:
Al comma 3 dell’art. 35 viene precisato che fino alla conclusione delle fasi o alla scadenza dei termini sopra menzionati, gli atti, i dati e le informazioni non possono essere resi accessibili o conoscibili. Per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblico servizio la violazione è pesantemente sanzionata, poiché assume rilevanza penale per violazione del segreto d’ufficio; rileva, infatti, ai sensi dell’articolo 326 del codice penale.
Il comma 4 disciplina l’esercizio del diritto di accesso. Infatti, viene precisato che il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione:
1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;
3) alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale.
Tuttavia, il co. 5 precisa che, in relazione all’ipotesi di cui al comma 4, lettere a) e b), numero 3), è consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara.
Regole procedimentali e processuali in tema di accesso agli atti di gara
L’art. 36, co. 1 dello schema fornisce disposizioni che vanno a completare la disciplina contenuta nel sopra illustrato articolo 35.
Infatti, viene disposto che:
1) l’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario;
2) i verbali di gara;
3) gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione,
sono resi disponibili attraverso la piattaforma digitale di cui all’articolo 25 (si pensi a MEPA di Consip, alle piattaforme delle centrali regionali di riferimento, e così via), utilizzata dalla stazione appaltante per lo svolgimento della gara, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90 dello schema.
Nella sostanza, l’offerta dell’aggiudicatario diventa “di interesse pubblico” (perché è collegata all’utilizzo di denaro pubblico) e ciò a maggior ragione quando ad aver accesso sono operatori economici che hanno partecipato alla gara.
Rilevante è anche la disposizione recata dal comma 2 dell’art. 36, il quale prevede che agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate.
Come si può notare, in questo ultimo caso, l’accesso (reciproco) all’offerta riguarda solo i primi 5 classificati. La scelta è stata quella di evitare, in tal modo, che chi non si sia aggiudicatario la gara non subisca un vulnus in conseguenza della messa a disposizione delle informazioni presenti nella propria offerta.
Inoltre, il limite dei soli primi cinque classificati evita il rischio di partecipazioni pretestuose da parte di operatori economici che intervengono per il solo fine di poter conoscere le offerte degli altri, con evidente risparmio di tempo per la procedura che altrimenti rischierebbe di essere appesantita da una partecipazione massiva (come si diceva, pretestuosa).
Il comma 3 puntualizza che, nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante deve dare anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2, indicate dagli operatori ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a).
Il comma 4 prevede che le decisioni, sopra menzionate, della stazione appaltante possono essere impugnate con ricorso notificato e depositato entro 10 giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione (quindi in un termine particolarmente breve).
Il comma 5 appronta una rilevante tutela a favore del concorrente e della tutela del suo know how industriale, prevedendo che, nel caso in cui la stazione appaltante o l’ente concedente ritenga insussistenti le ragioni di segretezza indicate dall’offerente ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a), l’ostensione delle parti dell’offerta di cui è stato richiesto l’oscuramento non è consentita prima del decorso del termine di impugnazione delle decisioni di cui al comma 4.
Il comma 6 prevede che, nel caso di cui al comma 4 la stazione appaltante o l’ente concedente può inoltrare segnalazione all’ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall’articolo 222, comma 9, ridotta alla metà nel caso di pagamento entro 30 giorni dalla contestazione, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento. Quella appena illustrata costituisce una novità di particolare importanza. La finalità della norma è quella di evitare che gli operatori economici partecipanti ad una gara pubblica possano addurre motivi inconsistenti solo per precludere l’accesso alle proprie offerte, in assenza di reali rischi di lesione dei propri segreti tecnici e commerciali.
Il termine di impugnazione (che è un termine abbreviato pari a 30 giorni) dell’aggiudicazione e dell’ammissione e valutazione delle offerte diverse da quella aggiudicataria decorre comunque dalla comunicazione di cui all’articolo 90.
Le informazioni da fornire ai candidati e agli offerenti
L’articolo 90, co. 1 del nuovo Codice prevede che, nel rispetto delle modalità previste dal Codice stesso, le stazioni appaltanti debbano comunicare, entro cinque giorni dall’adozione:
– a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un’offerta ammessa in gara;
– a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse;
– a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
Le comunicazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), devono indicare la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 18, comma 1.
Infine, il terzo ed ultimo comma dell’art. 90 stabilisce che, fermo quanto disposto dall’articolo 35, le stazioni appaltanti non devono divulgare le informazioni relative all’aggiudicazione degli appalti, alla conclusione di accordi quadro o all’ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione, di cui ai commi 1 e 2, se la loro diffusione ostacola l’applicazione della legge o è contraria all’interesse pubblico, o pregiudica i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati o dell’operatore economico selezionato, oppure possa recare pregiudizio alla leale concorrenza tra questi.