La distribuzione automatica, come altri settori del commercio di natura più tradizionale, nel tempo si è evoluta e strutturata, sviluppando competenze manageriali, di pianificazione e gestione, implementando i meccanismi di studio, funzionamento e redditività del business.
A fronte di questa evoluzione, non sempre i gestori (e gli stessi clienti), al momento della sottoscrizione del c.d. contratto di vending, sono consapevoli delle conseguenze giuridiche delle proprie scelte.
Spesso, infatti, la regolamentazione del rapporto di concessione degli spazi e di erogazione del servizio avviene attraverso modelli prestampati, nella totale assenza di valutazione degli effetti negoziali derivanti da quanto appena firmato e dei connessi, possibili rischi.
E’ invece opportuno pianificare e prevedere a quali esiti conduca la disciplina introdotta dalle clausole dell’accordo, soprattutto nel caso del – sempre possibile – futuro divergere delle volontà delle parti e dell’eventuale, conseguente rischio di contenzioso.
Stante la sua atipicità, è difficile stabilire univocamente la natura giuridica del contratto di vending, che, nelle sue varie declinazioni, può assumere articolazioni differenti, a seconda della forma e dei contenuti scelti dai contraenti.
Analizzando la casistica del settore, è possibile notare che nella prassi commerciale vengono utilizzate figure contrattuali atipiche, idonee a porre l’accento, alternativamente, sull’una (concedente) o l’altra parte del rapporto (gestore), ovvero sulla concessione degli spazi (“contratto di comodato d’area per l’istallazione di distributori automatici”, “contratto di installazione di distributori automatici per la somministrazione di bevande ed alimenti”), piuttosto che sulla vendita dei prodotti (“contratto di fornitura”, “contratto di somministrazione di bevande ed alimenti mediante distributori automatici”).
Al fine di determinare a quale tipologia contrattuale ricondurre il rapporto, occorrerà, di volta in volta, indagare l’intento comune dei contraenti, sia attraverso l’analisi del tenore letterale delle clausole, sia del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto (Cass. civ. Sez. II, 11 novembre 2021, n. 33451).
In sede di predisposizione del contratto, particolare attenzione dovrà essere posta nella scelta dell’oggetto e del contenuto negoziale, in quanto questi elementi determineranno, in concreto, i futuri effetti che produrrà l’accordo. Nella fase di redazione del contratto, bisognerà allora modellare le clausole in funzione dei propri interessi, soprattutto in previsione dell’insorgere di possibili contrasti con la controparte.
La scelta del “tipo” contrattuale assume infatti importanza fondamentale in caso di “patologia” del rapporto. Accade frequentemente che una parte decida di interrompere unilateralmente l’esecuzione del contratto, in contrasto con l’interesse dell’altra parte alla prosecuzione del rapporto in essere.
In tali ipotesi, la “forza negoziale” dei due soggetti e la tutela delle loro reciproche posizioni potrà essere valutata in base a quanto contrattualmente stabilito. Conoscere in anticipo la propria posizione giuridica costituisce un rilevante vantaggio competitivo.
Un caso molto frequente, ad esempio, è quello del concedente gli spazi che ricevuta un’offerta reputata più conveniente da una gestione concorrente, intimi al gestore di rimuovere le macchine.
Quali sono gli elementi da poter utilizzare per risolvere il contratto da parte della proprietà? E quali sono, invece, le “frecce” all’arco del gestore?
La prima operazione da compiere è l’analisi del contratto, per stabilire, come detto, a quale figura negoziale sia assimilabile il rapporto in essere.
Una volta individuata la figura contrattuale di riferimento, occorrerà analizzarne le caratteristiche, per avere contezza degli obblighi e dei diritti nascenti dall’accordo di specie.
A questo punto, potrà essere predisposta la sequenza di azioni più opportuna (lettere, diffide, ingiunzioni, azioni risarcitorie, etc.), con la consapevolezza degli effetti prodotti dal contratto di specie.
Un esempio pratico è costituito dalla regolamentazione della concessione degli spazi: se nel contratto questa è stata qualificata come comodato d’uso, il concedente, data la gratuità del rapporto, potrà pretendere la risoluzione del contratto secondo la propria volontà (ad nutum) e senza attendere la naturale cessazione dello stesso. Al contrario, se si sarà data prevalenza all’erogazione del servizio, considerando le aree come strumentali rispetto alla somministrazione o alla fornitura dei beni, il concedente dovrà rispettare le norme codicistiche in materia di prestazioni corrispettive e, qualora non lo facesse, sarebbe responsabile per i danni subìti dalla controparte.
Analoghe considerazioni possono essere svolte con riferimento ai contratti stipulati con la Pubblica Amministrazione.
All’esito della procedura di selezione del contraente, e fatte salve alcune specificità dovute alla natura pubblica del contraente, la successiva fase di esecuzione è infatti disciplinata dal diritto comune, con conseguente insorgenza, dal momento della stipula del contratto, di diritti ed obblighi civilistici in capo alle parti.
Conclusivamente, data l’evoluzione della società e dei rapporti economici, con competizione sempre crescente fra i vari players del settore, è oggi consigliabile la programmazione e la supervisione legale di tutti i rapporti contrattuali, onde prevenire e poter gestire le eventuali criticità che dovessero insorgere nel corso dell’esecuzione della gestione.