Il termine “affidamento in house” indica l’ipotesi in cui una Pubblica Amministrazione provvede all’esecuzione di un servizio in proprio, attraverso un altro soggetto pubblico, che, se pur formalmente dotato di personalità giuridica autonoma, è legato all’Amministrazione committente da un vincolo gerarchico così stretto da potersi affermare che non vi sia distinzione tra l’uno (appaltatore) e l’altro (affidatario).
L’affidamento del servizio direttamente alla stessa Amministrazione o ad una propria articolazione, definito più recentemente con l’espressione in house providing, si pone in contrapposizione con il modello dell’outsourcing (il reperimento delle risorse necessarie allo svolgimento dell’attività amministrativa attraverso imprese private esterne alla Stazione Appaltante).
Gli affidamenti diretti effettuati dagli enti territoriali in favore delle società partecipate, come emerge dalla relazione 2021 della Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, sono in generale, sono circa 11.300, per la maggior parte – soprattutto da parte dei Comuni – di servizi pubblici; solo il 5% degli affidamenti a società controllate è avvenuto con gara.
Su 18.251 commesse, corrispondenti ad un impegno annuale di poco più di 11 miliardi di Euro, gli affidamenti diretti costituiscono il 64%, per oltre il 79% degli impegni di spesa.
Secondo la relazione annuale della medesima Sezione, riferita al 2019, gli affidamenti diretti di servizi pubblici, secondo il modello dell’in house providing, costituivano il 93% del totale degli affidamenti disposti dagli enti locali. Analoghe indicazioni provengono dai dati pubblicati dal Ministero dello sviluppo economico relativi agli affidamenti dei servizi pubblici locali negli anni dal 2017 al 2020, dai quali risulta che circa il 50% è avvenuto mediante affidamento diretto a società in house.
In virtù della sopra accennata identità/connessione, nell’in house è assente qualsivoglia relazione intersoggettiva e contrattuale tra le parti. Sussiste, al contrario, un rapporto organico (o di delegazione interorganica) tra le Amministrazioni, posto che il soggetto pubblico affidatario non riveste la qualità di terzo.
La funzione strumentale dell’ente affidatario e la delega interorganica rendono dunque lo svolgimento della prestazione una vicenda del tutto interna alla pubblica amministrazione.
Quanto appena evidenziato consente di comprendere perché il soggetto in house risulti beneficiario di affidamenti senza gara: non ci si trova, infatti, in presenza di una fattispecie contrattuale sottratta all’applicazione della normativa comunitaria in materia di appalti e concessioni pubbliche; al contrario, si tratta di una fattispecie non contrattuale, che, per sua stessa natura, è sottratta all’applicazione delle regole che stabiliscono procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente.
L’opzione per l’uno o l’altro schema richiede una valutazione di politica economica e di condivisione dei principi comunitari in tema di concorrenza, oltre al preventivo vaglio degli obiettivi da raggiungere, in funzione dei mezzi a disposizione, dei metodi da utilizzare e dei tempi, in accordo con i principi di buon andamento, economicità, efficacia ed efficienza (c.d Best Value, di matrice anglosassone).
Ai sensi dell’art. 192 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50/2016), infatti, “ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.
La giurisprudenza ha più volte affermato che l’amministrazione aggiudicatrice che intenda ricorre all’affidamento diretto ha “ (…) un onere motivazionale rafforzato, che consenta un “penetrante controllo della scelta effettuata … anzitutto sul piano dell’efficienza amministrativa e del razionale impiego delle risorse pubbliche” (Cons. Stato, comm. spec., parere 1° aprile 2016, n. 464), come si ricava dal combinato disposto dell’art. 192, comma 2, d.lgs. n. 50 del 2016 e dall’art. 34, comma 20, d.l. n. 179 del 2012, in particolare consistente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8028; sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257):
In particolare, con specifico riferimento alla prospettiva economica, si richiede all’amministrazione di valutare la convenienza dell’affidamento del servizio secondo lo schema dell’in house rispetto all’alternativa costituita dal ricorso al mercato, attraverso una comparazione tra dati da svolgersi mettendo a confronto operatori privati operanti nel medesimo territorio, al fine di dimostrare che quello fornito dalla società in house è il più economicamente conveniente ed in grado di garantire la migliore qualità ed efficienza (cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 novembre 2018, n. 6456, secondo cui “è onere dell’autorità amministrativa affidante quello di rendere comunque comparabili i dati su cui il confronto viene svolto”, con necessaria allegazione di “dati di dettaglio”).L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) (Consiglio di Stato, Sez. IV, 15 luglio 2021 n. 5351).