L’articolo 53, comma 5, lettera a), del d.lgs. n. 50/2016 disciplina i motivi e le circostante nelle quali il diritto di accesso agli atti di gara non può essere concesso. In particolare l’articolo si sofferma, pur nell’applicabilità della disciplina generale di cui agli artt. 22-28 della l. 241/1990, sulle specifiche circostante in cui, nelle procedure a evidenza pubblica, sia da escludere la pretesa esibizione dei documenti di gara in vista di peculiari necessità di riservatezze.
Il comma 5 dell’ suddetto articolo, infatti, prevede che: sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione: a) alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali; b) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all’applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici; c) alle relazioni riservate del direttore dei lavori (del direttore dell’esecuzione) e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto; d) alle soluzioni tecniche e ai programmi per elaboratore utilizzati dalla stazione appaltante o dal gestore del sistema informatico per le aste elettroniche, ove coperti da diritti di privativa intellettuale.
È esclusa dunque la possibilità di avere accesso ad ogni forma di informazione che riguardi l’offerta e i segreti tecnici e commerciali degli operatori economici in gara. L’articolo tutela infatti il “know how” dell’impresa: competenze, esperienze, professionalità e attività che l’hanno resa concorrenziale e competitiva.
Molte sono state, tuttavia, le dispute giurisprudenziali scaturite da tale disposizione normativa: non sempre la giurisprudenza amministrativa ha reputato sussistere la automatica impossibilità di accesso alle offerte tecniche. È il caso del Tar Puglia – Bari che, con sentenza n. 49 del 2019, ha riconosciuto come preminente il diritto di accesso agli atti sul rispetto alla riservatezza o segretezza.
Per questo motivo, il Consiglio di Stato, Sezione V, con la sentenza 1 luglio 2020, n. 4220, ha ribadito e perimetrato i limiti del diritto di accesso agli atti al fine di tutelare sia il diritto stesso di accesso, sia i segreti tecnici e commerciali dell’azienda.
Secondo i giudici di Palazzo Spada il c.d. know-how rientra nei “beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa e cui l’ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela di loro in quanto segreti commerciali.
La ratio legis è di far sì che, proprio con riguardo ad una gara pubblica, che non deroga ma assicura la corretta competizione tra imprese, del diritto di accesso non si possa fare un uso emulativo, ad esempio da parte di contendenti che potrebbero formalizzare l’istanza allo scopo precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri (Cons. Stato, VI, 19 ottobre 1990, n. 6393). Ne viene che la scelta di prendere parte ad una procedura competitiva non implica un’impropria accettazione del rischio di divulgazione di segreti industriali o commerciali, i quali – almeno in principio – restano sottratti, a tutela del loro specifico valore concorrenziale, ad ogni forma di divulgazione.
Il Consiglio di Stato ha quindi specificato che per esercitare il diritto di accesso agli atti è fondamentale comprovare che si tratti di una concreta necessità di utilizzo della documentazione per uno specifico giudizio e non di mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non risultando legittimo un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia”.
L’ostensibilità dei documenti non può essere dunque illimitata. Non è infatti legittimo che la ditta concorrente acceda alla parte di offerte o delle giustificazioni dell’anomalia inerenti le specifiche e riservate capacità tecniche, industriali o gestionali che riguardano l’impresa aggiudicataria. Segreti industriali e commerciali non possono essere violati senza una dimostrazione del nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate.
Ciò, tra l’altro, è in linea con gli artt. 98 e 99 del d.lgs. n.30/2005 (Codice della proprietà industriale) che tutelano i beni essenziali per lo sviluppo e la competizione qualitativa identificandoli come prodotto patrimoniale della capacità strategica della singola impresa.
Lo Studio Legale Tristano coadiuva l’impresa nella predisposizione dell’istanza di accesso agli atti, utilizzando e valutando i risultati in funzione della migliore strategia processuale a tutela degli interessi dei propri assistiti.