(C.G.A. SICILIA, n. 934/2020)
Con riferimento al danno da mancata aggiudicazione, i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di quantificazione del danno prevedono innanzi tutto, ai sensi degli artt. 30, 40 e 124, comma 1, c.p.a., che sia il danneggiato ad offrire la prova dell’an e del quantum del danno che assume di aver sofferto; la possibilità di operare una valutazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 del codice civile è ammessa soltanto in presenza di situazione di impossibilità, o di estrema difficoltà, di una precisa prova sull’ammontare del danno.
Non merita accoglimento la domanda risarcitoria che sia rimasta del tutto sfornita di prova in ordine alla sussistenza del pregiudizio sofferto; né il deficit probatorio è superabile, invocando la liquidazione equitativa del danno, atteso che spetta al danneggiato, ai sensi degli artt. 30 e 40, c.p.a. e 2697 c.c., offrire la prova dell’ an e del quantum del pregiudizio che assume di aver patito. (Cons. Stato, Sez. V 22 novembre 2017, n. 5431)
Il danno da mancata aggiudicazione si distingue nel danno emergente e nel lucro cessante. Quest’ultimo deriva dall’interesse “positivo”, all’esecuzione del contratto cui l’aggiudicazione era strumentale. Come ha specificato il Consiglio di Stato, Sesta Sezione, con la sentenza del 17 ottobre 2017, n. 4803, nel caso di mancata aggiudicazione, il risarcimento del danno che consegue al lucro cessante corrisponde all’interesse positivo, che comprende, sia il mancato profitto, sia il danno curricolare.
Più nel dettaglio, il danno da mancato profitto in caso di mancata aggiudicazione corrisponde ai ricavi che l’impresa avrebbe ottenuto mediante l’esecuzione dell’appalto. Esso va provato e risarcito in modo integrale (e non più utilizzando il criterio forfettario del 10% della base d’asta previsto dall’art. 109 d. lgs. n. 50/2016).
Per ottenerne il risarcimento è necessario tuttavia tener conto dell’ “aliunde perceptum vel percipiendum”: il risarcimento integrale del mancato profitto, infatti, può essere erogato solo dopo aver dimostrato che non si sono utilizzati (e non si sono potuti utilizzare) i propri beni strumentali in altre commesse.
Come ha ribadito anche il Consiglio di Giustizia Amministrativa Sicilia, .934/2020 in tema di domanda di risarcimento danni da mancata aggiudicazione, il mancato utile spetta nella misura integrale, in caso di annullamento dell’aggiudicazione impugnata e di certezza dell’aggiudicazione in favore del ricorrente, solo se questo dimostri di non aver utilizzato o potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista della commessa, e che in difetto di tale dimostrazione può presumersi che l’impresa abbia riutilizzato o potuto riutilizzare mezzi e manodopera per altri lavori.
Vige dunque una presunzione a sfavore del danneggiato (basata sull’id quod plerumque accidit) volta a garantire che il creditore o il danneggiato, non rimanendo inerte nel caso di mancata aggiudicazione, si procuri alternative occasioni di guadagno. Questa presunzione risponde alla logica della compensatio lucri cum damno e al principio stabilito dall’art. 1227, comma 2, c.c., che impone al danneggiato di attivarsi per limitare le conseguenze dannose. Tuttavia, come asserito dalla Cass. civ., sez. lav., 6 luglio 2002, n. 9850, non può esigersi che il creditore o il danneggiato, per non aggravare le conseguenze dannose che gli derivano dall’inadempimento o dal fatto illecito altrui, si assoggetti ad un’attività più onerosa di quel che comporti l’ordinaria diligenza, divenendo la sua inerzia rilevante solo quando essa sia ascrivibile a dolo o colpa”.
Infine, il danno curriculare da mancata aggiudicazione consiste nel pregiudizio subìto dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum e dell’immagine professionale per non aver potuto indicare nello stesso l’avvenuta esecuzione dell’appalto. Tale danno è suscettibile di apprezzamento in via equitativa ex art. 1226 c.c. e può essere parametrato su una percentuale della somma liquidata a titolo di lucro cessante, sub specie di mancato profitto.
Per quanto concerne la quantificazione, la voce riferita al danno curriculare deve essere supportata dalla dimostrazione che la mancata integrale aggiudicazione ed esecuzione dell’appalto ha precluso di acquisire ulteriori aggiudicazioni (di pari o superiore rilievo). E’ anche necessario specificare quali sarebbero state le negative ricadute che il mancato affidamento ha cagionato, in termini di minore capacità competitiva e reddituale, sulle credenziali tecniche e commerciali (TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 26 giugno 2020, n. 1283).
La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni, decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento, se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza.
Per il risarcimento dell’eventuale danno che il ricorrente provi di aver subito in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di centoventi giorni non decorre fintanto che perdura l’inadempimento. Il termine di cui sopra inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere.
Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento, la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
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