L’affidamento dei contratti pubblici ha nel principio di rotazione degli inviti e degli affidamenti una delle sue norme fondamentali. Detto principio regola l’avvicendarsi dei concorrenti nella partecipazione ad una procedura di selezione sotto soglia comunitaria, imponendo, nei confronti degli affidatari “uscenti”, un limite restrittivo al loro reinvito alla nuova gara, al fine di favorire la partecipazione del maggior numero di operatori economici, ivi incluse le microimprese, le piccole e le medie imprese.
Le linee guida ANAC n. 4/16 chiariscono che “la rotazione non si applica laddove il nuovo affidamento avvenga tramite procedure ordinarie o comunque aperte al mercato, nelle quali la stazione appaltante, in virtù di regole prestabilite dal Codice dei contratti pubblici ovvero dalla stessa in caso di indagini di mercato o consultazione di elenchi, non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione”, come pure specificano che “Il principio di rotazione comporta, di norma, il divieto di invito a procedure dirette all’assegnazione di un appalto, nei confronti del contraente uscente e dell’operatore economico invitato e non affidatario nel precedente affidamento”.
Secondo quanto previsto dal principio di rotazione, il gestore uscente dal servizio, che potrebbe trovarsi in posizione di vantaggio, in quanto agevolato dalle conoscenze acquisite durante il precedente affidamento, è tenuto a saltare il primo affidamento e non può presentare offerta per la nuova procedura di gara; la ratio del principio ha infatti l’obiettivo di evitare la formazione di rendite di posizione e persegue l’effettiva concorrenza, poiché consente la turnazione tra i diversi operatori nella realizzazione del servizio, consentendo all’amministrazione di cambiare per ottenere un miglior servizio (Cons. Stato, Sez. VI, 4 giugno 2019, n. 3755).
Con sentenza 5 novembre 2019, n. 7539, la V Sezione del Consiglio di Stato si è invece espressa sull’ampiezza applicativa del principio di rotazione, ritenendolo obbligatorio anche nel caso in cui la Stazione Appaltante decida di selezionare l’operatore economico mediante una procedura negoziata aperta, quale “consultazione” formale del mercato seguita da una fase successiva di invito senza limitazione alcuna alla partecipazione, non ritenendola equivalente ad un procedimento aperto tipico (come sembrerebbe invece intendere l’ ANAC con le linee guida n. 4/16).
La sentenza precisa infatti che la clausola di esenzione prevista dall’art. 36, comma 7, del d.lgs. n. 50/16 (secondo cui la rotazione non si applica se la stazione appaltante “non operi alcuna limitazione in ordine al numero di operatori economici tra i quali effettuare la selezione”) deve interpretarsi, restrittivamente, nel senso che sia applicabile soltanto quando la procedura prenda le mosse da un bando pubblico, o equivalente, (non ritenendosi operante la clausola nelle procedure ad invito, seppur articolate senza limiti alla partecipazione).
In via residuale, occorre dar conto della possibilità, per la Stazione Appaltante, nei casi di cui all’art. 36, comma 2, lettere b), c) e c-bis), di non conformarsi all’obbligo di rotazione, fornendo specifica motivazione che giustifichi la deroga con la effettiva mancanza di alternative, tenuto anche conto del grado di soddisfazione maturato in relazione al precedente rapporto contrattuale, e considerato comunque la competitività del prezzo offerto rispetto alla media dei prezzi del mercato di riferimento, nonché la qualità della prestazione.
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