Il caso in esame riguarda il riconoscimento, per l’ordinamento italiano, di un provvedimento giudiziario straniero attributivo della paternità di due gemelli al marito del padre biologico degli stessi. Attraverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Trento del 23 febbraio 2017, viene riconosciuto il legame non biologico tra un padre gay e i suoi figli, per la prima volta nel nostro Paese, non attraverso un’adozione, bensì riconoscendo il certificato di nascita di un altro Stato attestante la doppia paternità di un bambino nato attraverso la gestazione per altri.
Una coppia omosessuale, dopo aver fatto ricorso alle tecniche di maternità surrogata all’estero, utilizzando il gamete di uno dei due componenti la coppia, costituita da due uomini, aveva chiesto il riconoscimento dell’efficacia nell’ordinamento italiano, ex art. 67 della legge n. 218/1995, del provvedimento giudiziario straniero, con conseguente correzione dell’atto di nascita dei minori, due gemelli.
A seguito del rifiuto dell’Ufficiale dello Stato civile di trascrivere il provvedimento giudiziale straniero con indicazione del “secondo padre” dei minori, per ritenuta contrarietà all’ordine pubblico interno, in base alla normativa vigente, per la quale i genitori non dovrebbero essere dello stesso sesso, la coppia adiva la Corte d’Appello di Trento.
La Corte d’Appello riconosceva il provvedimento straniero come pienamente efficace, applicando la nozione di ordine pubblico già delineata dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 19599/2016, secondo la quale i principi di ordine pubblico coincidevano con i principi supremi, relativi ai diritti fondamentali della persona, contenuti nella Costituzione o nelle norme sovranazionali, tali da non poter essere sovvertiti dal legislatore ordinario, escludendo che la contrarietà all’ordine pubblico potesse invece derivare dalla semplice incompatibilità con norme interne anche se imperative ed inderogabili, quali possibili modalità di espressione della discrezionalità del legislatore ordinario in un dato momento storico.
La Corte riconosceva l’interesse superiore del minore alla conservazione dello stato di figlio riconosciuto in un atto validamente formato in altro Stato quale principio di ordine pubblico sovraordinato.
Da più parti, accanto ai plausi, sono arrivate critiche, incentrate, principalmente, sulla contrarietà alla pratica dell’utero in affitto, peraltro vietata in Italia, evidenziandosi che, in natura, non esistono due padri senza una madre e che, così procedendo, si svenderebbe il corpo delle donne e la maternità in cambio di denaro, aprendo la strada ad un mercimonio che andrebbe a detrimento dello stesso sistema delle adozioni. Chi, infatti, affronterebbe le pratiche per l’adozione – è stato detto – quando potrebbe acquistare un bambino su misura?
Purtroppo, in casi come questo, non esiste una verità e – tanto meno – una verità “giuridica” e non esistono soluzioni univoche e “giuste”.
Se, infatti, da un lato occorre avere riguardo ai “genitori”, in senso ampio, e ai loro diritti, dall’altro, è indubitabile che il minore debba essere tutelato contro ogni forma di mercimonio finalizzato a soddisfare le inclinazioni ed i desideri degli adulti.
Ad avviso di chi scrive, una possibile soluzione di compromesso, che contemperi le due posizioni e conduca ad una sintesi, è la chiarificazione e la semplificazione delle pratiche per l’adozione, anche in favore di coppie omosessuali. In questo modo, si coniugherebbe il desiderio di paternità e maternità con la necessità di garantire una famiglia a quei bambini che ne siano stati sfortunatamente privàti.