In questi giorni, alcuni giornali hanno riportato la notizia di una possibile causa miliardaria (1 miliardo, 2 miliardi, 8 miliardi) contro il Comune di Roma, in caso di stop al progetto del nuovo stadio, riprendendo le parole del d.g. della A.S. Roma, Mauro Baldissoni, pronunciate a margine dell’elezione del sindaco Raggi, nel giugno del 2016.
Qualcuno è arrivato addirittura a calcolare il costo per ogni cittadino romano in diverse migliaia di Euro!
Mettendo da parte la politica, gli interessi economici di chi vuole costruire (Tdv S.p.A., del finanziere James Pallotta, società Eurnova, dell’immobiliarista Luca Parnasi), delle Banche e la disinformazione strumentale dei media, proverò a spiegare quale scenario si aprirebbe se la speculazione fosse arrestata dalla giunta 5 stelle.
Sotto un aspetto sostanziale, occorre evidenziare che lo stadio rappresenta il 14% dell’intera cubatura del progetto, che riguarda, principalmente, il c.d. business park, una lottizzazione da un milione di metri cubi che comprende uffici, un centro commerciale, tre grattacieli da 220 metri e altre palazzine. Il tutto ad uso privato e di proprietà (stadio compreso) della sopra citata Tdv S.p.A. e non della squadra della A.S. Roma. L’hashtag: #famolostadio è assolutamente fuorviante.
Stante quanto sopra, è di immediata percezione come l’interesse pubblico, che avrebbe dovuto essere il “motore” dell’intera operazione, sia piuttosto diluito nel mare di cemento dell’intera operazione.
Tuttavia, la precedente giunta Marino decise di procedere attraverso la procedura di Project Financing (finanza di progetto), dichiarando la pubblica utilità dell’opera.
Questa scelta, oggi, ha delle conseguenze giuridiche che, in caso di arresto della procedura, si riverbereranno sulle possibili richieste di ristoro economico dei privati.
In materia di finanza di progetto, la procedura di scelta del “promotore” è volta alla ricerca non soltanto di un “contraente” ma di una “proposta” che integri l´individuazione e la specificazione dell’interesse pubblico perseguito, per cui la selezione del “promotore” è caratterizzata da un’ampia discrezionalità dell’Amministrazione, con sindacato limitato da parte del Giudice Amministrativo.
Per i motivi di cui sopra, l’Amministrazione – in questo caso, Roma Capitale – una volta individuato il promotore e ritenuto di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato, è libera di scegliere – attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale – se, per la tutela dell´interesse pubblico, sia più opportuno affidare il progetto, proseguendo con la sua esecuzione, ovvero rinviare la sua realizzazione, ovvero non procedere affatto.
La revoca o l’annullamento di ufficio (c.d. esercizio del potere di autotutela) di una delibera finalizzata al project financing, riguardando una potestà autoritativa, insindacabile nel merito e diretta a tutelare un interesse pubblico, è soggetta alla disciplina di cui all’articolo 21 quinquies della legge 241/90.
Ai sensi di questo articolo, non è possibile attivare nessuna richiesta risarcitoria miliardaria, bensì è possibile ottenere un indennizzo (e non un risarcimento) limitato alle sole spese effettivamente sostenute (e provate). Le spese indennizzabili, quale danno emergente, nella finanza di progetto possono arrivare, al massimo, al 2,5% del valore dell’investimento. Inoltre il promotore che non accetta le modifiche richieste dall’Ente pubblico si espone al rischio di non avere diritto ad alcunché.
Immagine a cura del quotidiano “Il Tempo”